Spiritualità

Educarsi alla “pazienza del cuore”

Nelle difficoltà del nostro tempo, i religiosi e le religiose aiutano a riscoprirci comunità accogliente
  11 febbraio 2021

Abbiamo celebrato all’inizio di questo mese di febbraio la Giornata della vita consacrata.

Qui nella nostra Università, gestita da consacrati salesiani, sono molte e diverse le presenze, tra collaboratori e studenti, appartenenti a diverse famiglie religiose. È un dono e una grazia che arricchisce di molto il nostro centro di studi.

Da sempre la vita consacrata, nella sua lunga storia, ha dato un contributo spesso determinante alla promozione del bene comune. Basterebbe semplicemente pensare alla formidabile opera educativa compiuta dal monachesimo nel nostro continente europeo, oppure anche all’enorme contributo promozionale offerto in tante parti del mondo dagli istituti di vita attiva, non solo attraverso le opere di carità, ma anche nello stesso campo culturale. Lo stesso vale per l’apporto della vita consacrata contemplativa.

Anche oggi, dunque, la vita consacrata si sente impegnata a continuare su questa linea e sa di avere le risorse per farlo. Ecco perché ogni anno la Chiesa si ritrova il 2 febbraio per pregare e ringraziare per il dono della vita consacrata alla Chiesa. Prega e ringrazia nel giorno in cui la Chiesa festeggia la Presentazione di Gesù al Tempio.

Questa scena evangelica è particolarmente cara a noi religiosi e religiose, perché ricorda il mistero della nostra identità. Questo mistero della vita di Gesù è un po’ il simbolo, il segno, il ricordo del dono e dell’offerta della nostra vita a Dio. È sempre l’occasione per ringraziare e rinnovare il nostro desiderio di vita totale e intima con il Signore. Anzitutto ringraziare Dio per il dono di aver chiamato tanti uomini e donne ad essere “memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù” (VC 22). Ringraziare per il lavoro che molti religiosi e religiose svolgono in ogni parte della terra. Ringraziare perché il Signore continua a chiamare giovani al suo servizio. Pregare intensamente perché la vita consacrata possa essere segno credibile dell’amore di Dio.

Papa Francesco quest’anno, commentando la pagina evangelica della Presentazione al Tempio di Gesù, si è soffermato molto sul tema della pazienza. In particolare la pazienza di Simeone che “per tutta la vita è rimasto in attesa e ha esercitato la pazienza del cuore. Nella preghiera ha imparato che Dio non viene in eventi straordinari, ma compie la sua opera nell’apparente monotonia delle nostre giornate, nel ritmo a volte stancante delle attività, nelle piccole cose che con tenacia e umiltà portiamo avanti cercando di fare la sua volontà. Camminando con pazienza, Simeone non si è lasciato logorare dallo scorrere del tempo”.

Questo è un suggerimento importante per comprendere non solo il dono della vita consacrata come segno di un’attesa, ma anche per vivere la testimonianza di un Dio che c’è, è vivo, è costantemente presente. Il Papa ci ha ricordato che “Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo” (Christus vivit, 1).

Questa immagine della “pazienza del cuore” mi sembra, inoltre, molto significativa per il tempo che stiamo vivendo. L’emergenza sanitaria ha colpito tutti e sta mettendo alla prova ognuno di noi. Per questo la pazienza del cuore ci richiama a quella fede solida che non dubita della presenza operante di Dio in mezzo a noi.

La pazienza del cuore ci chiama anche a capire che c’è un’emergenza spirituale del nostro tempo, più grave di quella sanitaria, che inibisce energie e raffredda i cuori. Per questo le persone consacrate sentono il desiderio di poter condividere il proprio patrimonio spirituale di sapienza, di umanità, di relazionalità evangelica, per aiutare tutti a ritrovare il senso di speranza, come comunità di accoglienza, di intercessione e di accompagnamento dell’uomo ferito, promuovendo relazioni e legami autentici poiché siamo “fratelli tutti”.

Il Papa, citando Romano Guardini, ricorda che “la pazienza è un modo con cui Dio risponde alla nostra debolezza, per donarci il tempo di cambiare”. Molto bella questa prospettiva di un cuore paziente che però è dinamico nella sua volontà di conversione e di trasfigurazione.

Cambiare perché c’è sempre bisogno di migliorare, di ricominciare, senza paura e senza tentennamenti. Cambiare per “conformarsi” sempre più e sempre meglio alla “pazienza di Dio” che ha un “Cuore paziente, misericordioso, pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6).  “Il suo amore non si misura sulla bilancia dei nostri calcoli umani, ma ci infonde sempre il coraggio di ricominciare. Ci insegna la resilienza, il coraggio di ricominciare. Sempre, tutti i giorni. Dopo le cadute, sempre, ricominciare. Lui è paziente”.

Per questo la nostra Università offre diversi percorsi formativi, ma in modo specifico nel secondo semestre, in collaborazione con il Dicastero della Formazione della Congregazione salesiana, organizza un Corso per Formatori, per abilitare i futuri educatori vocazionali a possedere quelle competenze utili a formare “cuori pazienti”, a plasmare uomini e donne che siano realmente “memoria vivente” di Gesù.

Da parte nostra, noi religiosi e religiose presenti e operanti in Università, desideriamo ravvivare continuamente questo dono di un cuore paziente che riporta alla certezza del Dio presente, “per non lasciar mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illumina il cammino dell’esistenza umana” (VC 109). Non lasciarlo mancare al mondo e in particolare nel luogo in cui siamo stati chiamati alla testimonianza. Sappiamo che “l’amore appassionato per Gesù Cristo è una potente attrazione” (VC 109) per gli uomini e in particolare per i giovani.

Vogliamo che sia così in verità e in ogni attività che realizziamo.

Ci auguriamo che la presenza dei tanti consacrati nella nostra Università, sia una presenza gioiosa, attraente e dal “cuore paziente”.

Carlo Maria Zanotti

Responsabile Corso per Formatori Vocazionali